LEGO® 43222 – Disney Castle – Recensione
Nei miei pensieri, sin da bambino, la chiave della magia della Disney era un fatto grafologico. Quella firma, così sognante, briosa, sospesa tra sogno e realtà era (ed è ancora) l’espressione più alta e la sintesi di quello che Walt stava donando al mondo: un universo di fantasia e musica, di immagini e suoni in grado di portare i piccoli e i grandi altrove.
Disney compie 100 anni, un secolo di immagini e melodie. Un secolo costruito sulle solide basi del desiderio d’essere oltre.
Il Castello è forse una delle icone che maggiormente racchiude tutto ciò. E forse non è un caso.
Un edificio, seppur onirico, è qualcosa di solido. È un oggetto, sì, ma soprattutto è un messaggio: attraverso la volontà e la fantasia, l’ostinazione, si può andare oltre.
LEGO®, in una simbiosi ormai consolidata propone oggi diversi set Disney® 100. Il prodotto di punta, come previsto, è proprio quel Castello che si presenta a noi a ogni film, cartone o corto della major americana.
Il set che oggi recensiamo, il 43222, raccoglie diverse sfide.
La prima, non trascurabile, è reggere il confronto con il suo illustre – e splendido – predecessore, il 71040. Un set iconico che uscendo di produzione ha gettato nello sconforto molti appassionati.
La seconda sfida è, in parte per effetto della prima, trovare nuovi temi che non lo rendessero una semplice riedizione, un puro restyling.
Infine, la terza: destare l’attenzione del grande pubblico proponendo un prodotto che celebri Disney nella sua accezione più classica, dalla scelta dei colori a quella delle minifigure.
Partendo dalla prima delle tre sfide, dopo aver costruito questo mastodonte (oltre 4800 pezzi) ho l’impressione che l’assillo del confronto fosse più nella testa di noi fan che in quella di Lego. Mi spiego meglio: Billund sa bene come fosse inevitabile il confronto, ciò nonostante non ha ceduto alla tentazione di differenziarsi tanto per farlo, tantomeno dall’opposta tendenza di ricalcare quanto già precedentemente (e con successo) sperimentato con il 71040. In altre parole siamo di fronte a un’esperienza nuova, che per la natura statica e sempre uguale del soggetto non può non suscitare paragoni e presentare similitudini ma che ha uno scopo differente: qui si vuol celebrare non un’icona ma una festa, attraverso l’icona.
Si passa quindi al secondo dei tre “quesiti” sfidanti. quali nuovi temi propone Lego in questo set rispetto al passato? Ancora una volta la risposta – per chi scrive – è meno comparativa di quanto la domanda richiederebbe. Il tema del set è per sua natura un tema unico, nuovo eppure antico: il 100° compleanno, il secolo di vita di quell’arzilla fabbricante di sogni che è Disney. In questo senso, non può esserci sconfitta: fare del classico una novità è forse innovativo, nel 2023. Tuttavia la sensazione è che non si sia in presenza di una vera scelta quanto di una inevitabile necessità. Presentarsi a un evento di risonanza planetaria senza proporre al pubblico i “temi attesi” sarebbe stato deludente. In questo senso, le aspettative non sono state deluse.
Questo ci porta a rispondere alla terza “sfida”. Destare attenzione con la classicità in questo caso non era forse una vera sfida, era piuttosto la logica conseguenza di una scelta attesa. Nessuno avrebbe capito l’introduzione di minifigure meno celebrative, in pochi avrebbero apprezzato innovazioni che non rispettassero il canone classico che l’iconico Castello rappresenta.
Ma un set Lego è prima di tutto esperienza costruttiva. Che in questo caso è, nel complesso, soddisfacente. Le tecniche costruttive, sebbene non sorprendenti, sono divertenti e nulla è lasciato al caso. Si ha la sensazione che si sia voluto trasmettere il senso celebrativo in ogni step attraverso il divertimento e le continue citazioni che vanno a comporre un mosaico iconografico al limite del commovente. A partire dal piccolo proiettore nascosto con il tile stampato di Topolino, passando per il fuso della bella addormentata, la mela avvelenata, la rosa morente della Bella e la Bestia, la spada e la pergamena di Mulan, il dettaglio dell’apprendista stregone, Maui (e molto altro) …non si finisce mai di comporre – stud dopo stud – pezzi di enorme importanza della magnifica storia nata per mano di Walt. La poesia risiede a volte nei dettagli che vanno notati, come le splendide foglie autunnali che di lato volano via, richiamando il lontano canto di Pochaontas.
È però un’arma a doppio taglio perché la volontà di raccontare molto ha comportato la necessaria compresenza di molte citazioni in ambienti a volte eccessivamente affollati. Nota di demerito, mi duole dirlo, per la scarpetta di Cenerentola che avrebbe meritato un oggetto reale anziché un semplice tile stampato.
Divertente e appropriata alla festa la sala da ballo con piattaforma rotante che permette alla coppia di turno di danzare, contornata da vetrate suggestive che forse avrebbero potuto (dovuto) essere stampate e non composte da adesivi.
Di contraltare, va detto, vi sono numerose zone spoglie di scene che avrebbero potuto concorrere alla creazione di un disegno complessivo più equilibrato.
La scelta delle minifigure delinea ancor di più la volontà di entrare nella fiaba classica: Biancaneve, Rapunzel, Tiana, e Cenerentola accompagnate dai rispettivi partner sono icone del tipico format della major statunitense.
Last but not least, un accento sulla scelta del light nougat come colore dominante della costruzione. Ennesima conferma della volontà di Lego di celebrare la favola (oltre che di rendere il colore reale del castello presente nei parchi di tutto il mondo).
Fin qui ho parlato usando occhi che – pur se sognanti – sono quelli di un boomer.
Messo l’ultimo mattoncino al suo posto, mi sono voltato e mi sono accorto di una cosa: mia figlia, 11 anni, vedeva tutto in modo assai differente. Mi son detto quindi che forse, parlando di Disney, il parere di chi i sogni li cavalca nel presente (e non nei ricordi) dovrebbe avere diritto di cittadinanza. Le ho chiesto quindi di concedermi una breve intervista, inutile dire che poi mi ha seguito come un segugio finché non ho saziato la sua vanità fanciullesca.
Giulia, dopo aver visto nascere questo castello, dopo aver sentito tutte le grigie annotazioni dei tuoi attempati genitori, che idea ti sei fatta?
“In generale mi piace il fatto che ci siano ambientazioni giocabili, anche se non sono quante vorrei. Mi piacciono molto la mela nascosta dietro la finestra, la sala da ballo, il rogo rotante che si trasforma in fuso e più di tutto la bacchetta magica con file (voleva dire tile, ndr) di Topolino…anche se è una cosa che può sapere solo chi costruisce”
Ed esteticamente?
“I punti vuoti secondo me non sono così negativi come dici tu, papà. Servono a dare profondità al Castello e per te sono evidenti, ma a me da bambina non pesano. Nel complesso è molto bello, le piccole scene e i riferimenti che ci sono mi sono piaciute molto, anche se non capisco perché ci siano diverse citazioni di alcuni cartoni (primo tra tutti la bella e la Bestia) e pochissime o nessuna di altri. Tra le minifigure, io avrei aggiunto proprio Belle e la Bestia, riducendo le citazioni”
Quindi il tuo giudizio complessivo qual è?
“È molto bello ma le cose più divertenti – quelle nascoste – difficilmente sarebbero accessibili o immaginabili da chi non ha montato il set. Si vede che è un set più espositivo. Bello anche per noi bambini, ma fatto per voi”.
Giulia è ebbra della sua nuova carriera da critica. Io frastornato dalla morale della mia favola: “Per quanto un padre possa sforzarsi di insegnare ai propri figli, non sarà mai troppo vecchio per imparare da loro che immaginare è infinitamente più importante che indicare”.
Si ringrazia LEGO® per la fornitura del set.